Data economy: che cos’è l'economia dei dati e come sfruttarla al meglio

La data economy è un’economia dei dati reale, basata sulla capacità delle imprese di gestire la mole crescente di informazioni digitali.

La data economy è un’economia dei dati reale, basata sulla capacità delle imprese di gestire la mole crescente di informazioni digitali. Secondo il Parlamento Europeo, la data economy conta per l’1,9% del PIL europeo (1,6% di quello italiano), incidenza che si stima possa crescere al 3,3% nel 2020 (2,7% per l’Italia). All’interno di questo scenario, il dato si pone come una risorsa fondamentale per offrire agli attori economici l’accesso a una vasta gamma di prodotti e servizi nel settore pubblico e privato. In altre parole, la data economy garantisce significativi ritorni in termini di economie di scala e di scopo.

Data economy, anzi digital economy

Nell’era dell’Information & Communication Technology, piattaforme e sistemi innovativi come il Cloud Computing, la Internet of Things, la, Blockchain, l’Artificial Intelligence, l’Augmented Reality e la Virtual Reality, l’Advanced Robotics e la stampa 3D costituiscono i nuovi strumenti abilitanti la data economy (o digital economy).

Il portafoglio tecnologico dell’Industria 4.0, infatti, è strettamente correlato al binomio indissolubile Big Data & Analitiche. È la Business Intelligence che aiuta le imprese a rendere comprensibili le moli di dati per trasformarle in azioni strategiche a supporto del business. La BI, infatti, altri non è che l’applicazione di una nuova intelligenza applicativa e strategica al business. Le aziende guidate dai dati (che i marketer preferiscono chiamare Data Driven) sono quelle che sanno gestire al meglio produzione e sviluppo per potenziare posizionamento sul mercato e fatturati.

Data economy e le 4C dello sviluppo economico

Come spiega uno studio intitolato “L’economia dei dati – tendenze di mercato e prospettive di policy” pubblicato all’inizio dell’anno da ITMedia Consulting, con il contributo scientifico dell’Università Bocconi, “La letteratura prevalente, tende a concentrarsi sull’aspetto quantitativo e dunque concernente il volume dei dati (da qui il termine Big Data). Tuttavia, il volume non è l’unica caratteristica importante. La velocità alla quale i dati vengono generati e resi accessibili è parimenti impressionante. Il fenomeno dei Big Data è definito anche in ragione della capacità di analizzare una Varietà di insiemi di dati non strutturati provenienti da fonti diverse”.

La catena del valore dei dati

La catena del valore dei dati

Acquisire informazioni richiede diverse abilità: Catturare i dati, Computarli ovvero effettuare elaborazioni più o meno complesse su un insieme parziale o totale di dati e Comunicare i risultati. Gli analisti sottolineano come il costo dell’informazione può essere quindi attribuito al costo di queste prime “3 C”. Mettendo sul tavolo un’altra considerazione importante, ovvero che, grazie allo sviluppo di Internet, il costo della trasmissione dei dati si sia ridotto drasticamente. La diffusione su scala globale del paradigma del Cloud Computing, e in particolare della sua integrazione con le reti in ottica Cloud Integrated Network, ha ridotto in maniera analoga il costo della computazione. Dunque, complessivamente il costo dell’informazione si è drasticamente ridotto. La raccolta dei dati, che fino a poco tempo fa sembrava essere rimasta l’ultima barriera da superare, oggi viene progressivamente eliminata grazie all’avvento della IoT e alla digitalizzazione di ogni oggetto.

Il ciclo dei processi cognitivi

Il ciclo dei processi cognitivi

La riduzione dei costi e l’aumento travolgente dei dati e delle risorse accessibili porta allo sviluppo di una quarta “C” relativa alla “Cognizione” ovvero alla possibilità che un’organizzazione o un individuo possa avere sempre più informazioni pertinenti e rilevanti per un dato contesto, applicazione o compito.

Gestire la rappresentazione dei dati è il primo punto della collaboration

A fronte di tutta questa rivoluzione informativa, c’è un altro aspetto chiave, oltre alla Variabilità e alla Veridicità che va considerata in un processo di buona gestione dei dati: la capacità di trasformare l’analisi in rappresentazione e comunicazione. L’ultima “V” del Big Data Management è quella che sta per “Visualization“. Attraverso cruscotti dinamici, infatti, oggi la BI supporta la data economy, aiutando l’utente a visualizzare grande mole di dati, scoprire relazioni e persino testarle. L’uso di codici colore e di modelli preimpostati ma personalizzabili, consente di rappresentare e aggregare i dati in modi diversi, impostando le query con un’agilità che rende le interrogazioni estremamente più rapide e intuitive.

Il problema delle aziende, infatti, oggi non è tanto quella di disporre di informazioni, ma di potere avere le informazioni che servono quando servono davvero. Il che significa che l’estrazione e la visualizzazione dei dati devono poter soddisfare una molteplicità di interrogazioni diverse. Questo presuppone la capacità di introdurre nell’impresa non solo una maggiore integrazione e una maggior elasticità tra i flussi informativi ma anche di offrire una chiave di lettura quanto più rapida e intuitiva possibile, in ottica multicanale, ovvero multidispositivo e multipiattaforma.

Unified Capabilities Information Management

Unified Capabilities Information Management

Le nuove tecnologie (in particolare l’utilizzo degli algoritmi e dell’Intelligenza Artificiale) oggi consentono un’analisi e una gestione delle informazioni più rapida, precisa ed economica in termini di minori risorse investite, producendo effetti positivi in una moltitudine di settori. Attraverso l’uso dei dati generati dai diversi processi aziendali, le imprese possono sviluppare soluzioni di business anche particolarmente innovative. L’uso di piattaforme di Business Intelligence evolute, dunque, permettono alle imprese di essere maggiormente competitive sul mercato. In tutto questo, infatti, va considerato come l’asse della competizione oggi si sia spostato dai costi all’innovazione, alla qualità e alla capacità di personalizzazione dei prodotti. Essere data driven significa cavalcare l’innovazione. La stessa OCSE stima una crescita della produttività delle imprese, correlata alla data-driven innovation del 5-10%.