
Nella giornata di lunedì 17 marzo abbiamo partecipato a Le nuove regole del gioco della cybersecurity, un evento organizzato da Confindustria Varese. Un incontro che ha messo sul tavolo le sfide più attuali della sicurezza informatica e ci ha fatto riflettere su come l’approccio alla cybersecurity stia cambiando in modo radicale.
L’intelligenza artificiale ha davvero rivoluzionato gli attacchi informatici?
Non si tratta di nuove minacce, ma di un modo diverso di affrontarle. L’intelligenza artificiale non ha inventato nuovi pericoli, ma ha reso gli attacchi più numerosi e credibili. Strumenti che un tempo erano appannaggio di esperti ora sono accessibili a chiunque, aumentando il numero di attori malevoli. E poi c’è la questione della qualità: deepfake, malware adattativi e phishing sofisticato rendono più difficile distinguere un attacco da una comunicazione legittima.
La buona notizia? Possiamo difenderci. La chiave è adottare un nuovo approccio che vada oltre la semplice protezione.
Cybersecurity: protezione non basta, serve resilienza
Uno dei punti emersi riguarda la Direttiva NIS 2, che cambia le regole del gioco: non basta più costruire muri di difesa, bisogna saper reagire. Il focus si sposta dalla prevenzione alla resilienza informatica: essere pronti a ripristinare i sistemi e garantire la continuità operativa dopo un attacco. Questo significa che protezione e monitoraggio non sono sufficienti, servono piani di risposta rapidi ed efficaci.
Il cybercrime si evolve: il dark web non è più così oscuro
Oggi il crimine informatico non è solo una minaccia per le aziende, ma una questione di sicurezza nazionale. Non parliamo più di hacker isolati, ma di un ecosistema strutturato e in continua evoluzione. Il concetto di mafia 2.0 descrive perfettamente il panorama attuale: organizzazioni criminali internazionali operano con logiche aziendali, vendendo ransomware as a service, credenziali rubate e persino tutorial su come condurre attacchi informatici.
Uno degli aspetti più sorprendenti è che il dark web sta diventando sempre più “white”. Se prima i dati rubati venivano venduti solo in circuiti nascosti, oggi molte informazioni compromesse vengono commercializzate su piattaforme accessibili a tutti, come Google. Questo perché il numero di utenti su questi canali è nettamente superiore, aumentando le opportunità di business per i criminali informatici.
Ma c’è di più: il cybercrime non si limita solo ai furti di dati e agli attacchi informatici, ma sta diventando un vero strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Attacchi DDoS, campagne di disinformazione e diffusione di fake news non mirano solo a colpire aziende o istituzioni, ma a influenzare il pensiero collettivo, destabilizzando interi settori economici e politici.
Sicurezza aziendale e sovranità digitale: una questione di strategia
La cybersecurity non è solo una questione tecnica, ma una leva strategica per la competitività delle aziende e la sicurezza nazionale. La gestione intelligente dei dati è essenziale: sapere dove si trovano, chi vi accede e come vengono protetti fa la differenza tra essere un bersaglio facile o un’azienda resiliente.
In questo contesto, emerge con forza il concetto di sovranità digitale. Il vero tema non è solo la tecnologia o gli strumenti adottati, ma la capacità di gestire, controllare e governare il dato e il suo ciclo di vita. Senza questo controllo, la dipendenza da infrastrutture e provider esterni può trasformarsi in una vulnerabilità strategica per aziende e interi Paesi.
L’evento ha confermato che non possiamo più ragionare in termini di “se” un attacco avverrà, ma di “quando”. La sfida è chiara: adottare una visione strategica della cybersecurity, integrando innovazione e resilienza per affrontare con consapevolezza le minacce digitali di oggi e di domani.